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Quei conti in rosso

28 aprile 2010

Comune e Provincia di Alessandria hanno in questi anni un percorso similmente disastrato. Conti economici pessimi, bilanci annuali che vengono fatti quadrare grazie alle dismissioni, ossia alla vendita progressiva dei gioielli di famiglia. Che però non sono sempre così collocabili, e comunque finiscono. Mentre si presuppone che gli enti suddetti ambiscano a vivere  anche dopo le attuali amministrazioni. E’ vero, per le province c’è sempre questo ritornello rituale che ne vorrebbe l’abolizione, ma nessuno ci si metterà mai davvero a dismettere enti pubblici, in Italia.

Palazzo Rosso e Palazzo Ghilini, lo sappiamo, sono gestiti da due coalizioni di colore  opposto. Che certamente si differenziano per scelte strategiche in altri settori, ma che sul fronte dei danè sembrano navigare su barchette assai simili, e in acque perigliose.

L’altro giorno Il Sole 24 Ore ha presentato numeri e classifiche impietose sui 110 capoluoghi di provincia. Il Comune di Alessandria ne esce con le ossa rotte, ma lo sapevamo. Ogni alessandrino ha, su quel fronte, debiti per 1600 euro, e gli stipendi di dipendenti e amministratori sono un costo ormai insostenibile. Che però nessuno sa davvero frenare, perchè significherebbe certezza di perdere le prossime elezioni.

La Provincia non è messa molto meglio, e negli ultimi tre anni il suo indebitamento è cresciuto costantemente, arrivando a quasi 153 milioni di euro.

Insomma, la spesa è corrente perchè corre, e irrefrenabilmente. Tanto, al di là delle litanie di rito, la sostanza è che, purchè tutto sia formalmente in regola, nessuno sarà mai davvero chiamato a rispondere di un eventuale fallimento tecnico di questi enti. Non gli amministratori, non i dirigenti, che potranno certamente mostrare di aver fatto tutto quanto nelle loro possibilità.

Quindi non c’è via d’uscita, e una provincia o comune devono perdere soldi per forza? Mah, mica vero. Ci sono diverse amministrazioni comunali nel basso Piemonte e nel tortonese che (me ne sto occupando in queste settimane) hanno bilanci in utile. Certo, magari poi litigano su come utilizzare le piccole plusvalenze. Sicuramente, tapini loro, non sanno cosa sia un piano strategico, e quanto sia bello e necessario. Pare che molti dei loro primi cittadini, infine, non sappiano neppure cantare, e tanto meno comporre inni. Però come amministratori non sembrano male…

E. G.

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